Atoll ST300+AM300 e Kef Reference model 2-2
Salvatore e Alessandro Aguzza, gennaio 2024
Componenti:
Sorgente di rete – Atoll ST300 Signature
Amplificatore finale – Atoll AM300 Signature
Diffusori – Kef Reference model 2-2
Cavi ingresso – XLR Wireworld Luna 8
Streamer – Qobuz studio
Premetto che provengo dal possesso di un impianto composto da un amplificatore finale valvolare autocostruito nel lontano 1993, unito a due diffusori KEF Reference One – Two e ad un lettore CD della SONY mod. ESS X-222. E cominciamo con il dire che il suono prodotto dalla coppia di valvole EL34 della Mullard (NOS), a cui viene fornita energia in eccesso da un doppio alimentatore di complessivi 300 watt integrato sullo stesso chassis, non ha mai finito di sorprendermi per la sua armonia e dolcezza, soprattutto alle frequenze medio alte e per una più che sufficiente spinta sui toni bassi di solito poco dinamici in questo genere di macchine. Bassi vigorosi espressi da uno stadio controfase in classe AB1 che ha, comunque, i suoi limiti fisici soprattutto nella retta di carico caratteristica delle valvole termoioniche impiegate negli stadi finali e nei trasformatori di uscita ad essi collegati. Il valvolare, del resto, aveva subito evoluzioni costruttive nel corso degli ultimi 15 anni e possedeva un buon potenziale in innovazioni che avevo implementato soprattutto alla rete di controreazione, dal momento che gli avevo applicato i frutti di conoscenze assunte nel corso di alcuni decenni.
I problemi sono venuti fuori con l’acquisto e quindi la sostituzione dei miei due diffusori con altri della stessa classe Reference KEF che ho intravisto online tra i prodotti in vendita nel negozio AudioGraffiti di Stefano Marchi in Mantova: due belle KEF Reference Two-two vendute nei primi anni di questo millennio e che adesso, per essere uguagliate da un prodotto nuovo similare, implicano il dispendio di notevoli risorse economiche. Per ogni diffusore abbiamo due woofer da 16 cm accoppiati in modo speciale all’interno del mobile e un midrange con annesso tweeter concentrico (uniQ), brevettato dalla casa produttrice. Sostanzialmente, sotto il profilo estetico, lo stesso diffusore del fratello minore ma dalle caratteristiche costruttive, nella zona woofer, molto diverse e la cui timbrica esprime tonalità medie e alte analoghe ma carattere ben diverso sotto il profilo dei bassi.
La sostituzione della coppia One – Two con le Two – Two alcune settimane fa ha svelato a me e a mio figlio Alessandro, patito per la qualità del suono e con l’udito di un trentenne sicuramente agevolato dalla migliore comprensione delle frequenze ai confini della banda udibile, una scomoda realtà: le nuove casse acustiche richiedevano una potenza che superava le capacità del nostro valvolare. Purtroppo si notava la difficoltà nelle frequenze medio-basse ad esprimere un suono privo di armoniche o di clipping. Per essere precisi il basso non veniva più controllato e ancora prima che giungesse il clipping, la richiesta di corrente generava una specie di isteresi o riverbero dell’onda sonora che non ci permetteva più di sfruttare appieno i nuovi diffusori. Stabilito che un valvolare stereo da 30/35 watt RMS che suoni bene, collegato a diffusori con un carico non eccessivo, anche per la musica rock o pop è già difficile da trovare (a noi i generi musicali piacciono più o meno tutti), trovarne uno più potente capace di una buona gamma dinamica con caratteristiche paragonabili a quelle del precedente valvolare su un carico ormai diventato più pesante, sarebbe stata un’impresa veramente difficile. Questo ci ha spinto ad una ricerca sul mercato di un amplificatore a semiconduttori degno di nota ad un prezzo accettabile. E qui bisogna spendere due parole una volta per tutte sulle differenze tra gli amplificatori valvolari e quelli a semiconduttore. Gli amplificatori valvolari e, in specie, quelli con valvole EL 34 hanno una musicalità quasi impossibile da raggiungere con apparecchi a semiconduttori. Esistono solo pochi apparecchi a stadio solido che si avvicinino in qualche modo a questi riproduttori di sinuosa armonia. E qui interviene la mia esperienza di tecnico a cercare di spiegare la cosa: sinuosa armonia che deriva, in buona parte, dalla relativa lentezza con cui viaggiano gli elettroni nel fascio irradiato dal catodo verso l’anodo del tubo elettronico e, soprattutto, dalla lentezza con cui viene modulato dal segnale lo stesso fascio attraverso la griglia controllo. In termini tecnici, le valvole hanno un basso slew/rate o, se vogliamo, un tempo di salita e di discesa caratteristico dell’ingresso delle valvole, piuttosto basso. Il che significa che un segnale ad onda quadra viene sostanzialmente distorto dall’amplificatore valvolare, trasformandosi in una pseudo sinusoide, specialmente per le alte frequenze. Si potrebbe però dire: ma l’onda quadra non è costituita da infinte armoniche a frequenza multipla e ampiezza dimezzata, sovrapposte alla frequenza principale, spesso origine di un fastidioso disturbo del segnale sinusoidale che invece dovrebbe appagare l’orecchio? Già ma se sussiste all’origine non bisogna riprodurla per come è anche se non ci piace? Ovviamente questa è una domanda retorica. Si capisce, quindi, che l’amplificatore valvolare per quanto buono non raggiungerà mai la fedeltà degli stadi con veloci semiconduttori ma è proprio in questo che consiste la sua armoniosità: nel fatto di non permettere a transienti troppo ripidi di infastidire il suono. Persino la distorsione THD (distorsione armonica totale) negli amplificatori valvolari appare meno fastidiosa. In realtà, tra i circuiti valvolari esistono tecniche costruttive molto diverse e quindi le varie soluzioni possono dare adito a sostanziali cambiamenti nella sonorità dell’apparecchio ma l’aspetto eclatante delle valvole è che più si sceglie un punto di riposo della tensione di griglia lontano dalla tensione di interdizione e più la valvola consuma corrente e amplifica meno. Meno amplifica, meno distorce e più aumenta la banda di frequenza e la qualità del suono. Inoltre, diminuisce anche la necessità di una forte controreazione che sebbene aggiusti da una parte deteriora dall’altra. Per questo molti audiofili prediligono la classe A alla classe AB in controfase o single ended, al prezzo di una maggiore dispersione di energia e calore. Con questo sistema si cerca di ovviare ai difetti intrinsechi delle valvole ma ciò porta a soluzioni veramente costose e poco pratiche.
Comunque, ritornando all’oggetto di questa trattazione, è venuto in nostro aiuto l’incontro con Stefano Marchi che nel bel negozio che gestisce a Mantova esponeva alcuni mostri di potenza come il Bricasti M25, due McIntosh mono altrettanto mastodontici e, tra gli altri, alcuni amplificatori della linea Atoll, a noi finora sconosciuti. E qui bisogna soffermarsi con due parole sull’argomento fonte del segnale, che riveste un’importanza enorme nella catena audio. Non essendo amanti del pick-up, sempre perché si predilige la qualità della riproduzione e questa, dopo più ascolti dello stesso disco degrada (per motivi meccanici che alcuni si rifiutano di capire ma percepiscono benissimo), troviamo la qualità massima nei files digitali senza perdita di dati ad alta campionatura. Significa sostanzialmente che se hai uno streamer di buona qualità e un convertitore altrettanto buono seguito da una catena preamplificatrice che non deformi il segnale, il risultato sarà ottimale. I detrattori del campionamento digitale sappiano che ormai tutta la musica in master viene digitalizzata, quindi a meno di non voler parlare di vecchi dischi e cassette o nastri audio, quello che si ritrovano nel vinile sono conversioni dal digitale.
Proponendoci i prodotti Atoll, il Marchi ci ha fatto scoprire un suono di grande qualità senza la necessità di accendere un mutuo.
Partiamo dagli aspetti tecnici degli apparecchi proposti: il finale AM 300 è un amplificatore power-mosfet con 6 transistor per canale in classe AB con doppio trasformatore toroidale in alimentazione ed ingressi bilanciati e sbilanciati. Il lettore invece è un bellissimo streamer a doppio convertitore Burr Brown PCM1792 anch’esso a uscite bilanciate e sbilanciate. Gli ingressi sono raggiunti da due onesti cavi XLR della Wireworld. In effetti, proprio questi cavi bilanciati ci hanno fatto indirizzare all’AM300, amplificatore da 150 watt per canale in RMS su 8 ohm, certo più costoso del fratello minore AM200, di cui avremmo voluto accontentarci. Con tutto il rispetto per l’AM200, che pure non risulta un apparecchio costruito male, il vero elemento che ha distinto la prova di audizione è stata la presenza dell’ingresso XLR posto sull’AM300 che ha evidenziato una spazialità della riproduzione assai vicina alla gentile diffrazione musicale sempre presente nel mio valvolare e che tanto avevo apprezzato nei numerosi anni di impiego, quella corposità del suono mai sovrapposta dà segnali ridondanti che spesso producono gli amplificatori a stato solido di scarsa qualità. La stessa cosa non è avvenuta sentendo l’AM200, e questo devo imputarlo sicuramente all’ingresso sbilanciato perché gli XLR non sono presenti in questo apparecchio. La controprova è stata quella di provare l’AM300 con gli ingressi sbilanciati ed il risultato è stato simile a quello già visto per AM200. In poche parole l’AM300 è un ottimo amplificatore ma da tutto sé stesso solo con gli ingressi bilanciati. Come già evidenziato, parte importantissima delle prove di audizione relative a questa review sono imputabili alla qualità della fedele riproduzione generata dallo streamer ST300. Anche qui non è stato possibile orientarsi verso ST200, che pure avendo un singolo convertitore della stessa qualità, non possiede le uscite bilanciate e quindi non può lavorare in tandem con l’AM300.
In definitiva, l’ascolto è stato eterogeneo, spaziando dai grandi pianisti alle rock band più blasonate. La prima cosa che si osserva passando da un valvolare a un transistor di nuova generazione è certamente la cifra di rumore presente con zero segnale, che permette di cogliere nei minimi dettagli le melodie di ogni brano, dai più dinamici come Demon’s Eye, ai più rilassanti assoli di piano di Rick Wakeman, anche a bassissimi volumi.
I bassi risultano dinamici, decisi, ma non ingombranti, dando spazio all’intero spettro di frequenze e facendoci riscoprire brani come “Anyone’s daughter”.
La peculiarità dell’uniQ delle KEF Reference da grande valore alle frequenze medio alte, facendo arrivare la voce di Adele in ogni angolo della stanza.
In “My God” dei Jethro Tull tutti gli strumenti risultano ben distinguibili, non si ha mai l’impressione di un suono impastato e i solfeggi cristallini di Ian Anderson bastano a far valere il prezzo del biglietto.
La presenza dei due convertitori della Burr Brown di grande qualità e velocità ha permesso un dettaglio e una sensibilità del suono che raggiungono livelli a dir poco magnifici, facendoci di fatto dimenticare il vecchio impianto audio e nel contempo riflettere, perché quello che conta non è il singolo pezzo che sostituisci, ma la catena complessiva del suono, cavi compresi. Questo può veramente cambiare il risultato dell’impegno finanziario promosso. Altra peculiarità del lettore sta nella piena compatibilità dell’applicazione “Atoll signature” con i principali servizi di streaming (Amazon prime music, Tidal, Deezer, Qobuz etc.) che si interfacciano perfettamente con qualunque dispositivo Android o Apple. Non dimentichiamo l’interessante display montato sull’ST, la cui interfaccia propone informazioni esaustive sulle tracce riprodotte, quali la copertina dell’album, il bit rate, la campionatura della traccia e altre informazioni utili.
Il servizio di streaming, dal canto suo, svolge un ruolo importante. Qobuz, con il bitrate più alto sulla piazza, una campionatura a fino a 192 khz e oltre 100 milioni di brani lossless a servizio dell’utente, fornisce un prodotto di altissima qualità. Inoltre, a chi acquista un lettore di rete Atoll viene fornita una prova gratuita di tre mesi del servizio di streaming sopra citato.
L’aiuto di Stefano è stato fondamentale nell’unire questi oggetti di grande pregio al fine di creare un sistema che possiamo definire a mani basse di High End, senza spendere cifre fuori portata per la maggior parte dei buoni ascoltatori di musica.
Anguzza Salvatore e Alessandro