Tom Harrell - Oak Tree
Una revisione della serie di originali, accattivanti, a volte stravaganti, del virtuoso della tromba e del flicorno.
Sarebbe esagerato lodare Tom Harrell descrivere la sua lunga carriera discografica come praticamente impareggiabile? Album dopo album, a volte anno dopo anno, il virtuoso della tromba e del flicorno cresciuto nel Midwest - quartetti, quintetti e talvolta anche orchestre da camera - ha continuato a pubblicare nuova musica sorprendente. A 76 anni, sta ancora portando alla luce nuovi suoni mentre scava in profondità nella tradizione jazz, facendo simultaneamente riferimento ai suonatori di ottoni e ai direttori di band che lo hanno preceduto e indicando qualcosa di nuovo.
Oak Tree è un altro custode. Insieme ai compagni di band di lunga data Ugonna Okegwo al basso e Adam Cruz alla batteria, oltre al pianista venezuelano Luis Perdomo, un'aggiunta relativamente recente alle sue formazioni, Harrell offre ancora una volta una serie di originali accattivanti, a volte stravaganti. Per il brano di apertura "Evoorg" (scrivilo al contrario), fornisce una lezione magistrale sulla costruzione degli assoli: dispiegando un tono di tromba caldo e rassicurante, alterna passaggi melodici e spruzzi a cascata di lunghe frasi. A volte incorpora la ripetizione, suonando una serie di frasi simili, ognuna configurata in modo leggermente diverso.
Harrell annuisce sottilmente a varie influenze. "Fivin'" ha il leader che per lo più suona la stessa nota, suonando la melodia start-stop mentre la sezione ritmica sposta gli accordi intorno a lui; accenna a "Think of One" di Monk, combinato con alcuni sapori di jazz elettrico degli anni '70 per gentile concessione del lavoro di Perdomo su Rhodes. Il bop in stile Tadd Dameron aiuta a definire "Improv", con il suo groove profondamente oscillante che alimenta alcuni degli assoli più ispirati dell'album. "Archaeopteryx", dal titolo alle sue improvvisazioni ad alta quota, punta a Charlie Parker.
L'album si avventura anche in un terreno stilistico vario. L'appropriato titolo "Sun Up", per diritto l'inno jazz dell'estate, è sfumato di colori tropicali, ritmi in particolare tinti di reggae, e Okegwo si intrufola in una citazione furba di "Take Five". E "Zatoichi", che prende il nome dallo spadaccino cieco della cultura pop giapponese, tocca il terreno del free-jazz. Come quasi tutto il resto qui, uccide. PHILIP BOOTH on JazzTimes
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